Lo scopo della presentazione di un concerto consiste principalmente nel descrivere e spiegare ciò che verrà eseguito, con l’intento sotteso di indirizzare l’ascoltatore nella giusta direzione.
In linea di principio, con Domenico Scarlatti ciò non sarebbe necessario, in quanto la sua musica ha un carattere universale, qualità appannaggio di pochi musicisti di rango, quali Bach, Vivaldi o Mozart.
Nell’ampia produzione cembalistica scarlattiana convivono due anime: una tendenzialmente aristocratica, e l’altra che potremmo definire popolare. L’anima popolare è segnata dall’influenza del mondo gitano-andaluso che vivifica e caratterizza alcune delle sue composizioni. Nelle sue Sonate, semplificando assai, si possono distinguere essenzialmente due elementi: l’elemento ritmico marcato e serrato, e l’elemento melodico con ampie libertà espressive.
Per poter godere pienamente della musica di Domenico Scarlatti – e di alcuni dei suoi allievi imitatori epigoni – gli spettatori assisteranno a una esecuzione dove avranno un piccolo spazio (ma un ruolo essenziale) parole dette, parole cantate, movenze.
Nell’eseguire al clavicembalo alcune sonate del grande Domenico, in forma estemporanea tenterò di fornire alcune chiavi di lettura necessarie a comprendere come quando perché Scarlatti sia stato influenzato dall’esuberanza del mondo iberico, traducendola con ironia leggerezza e maestria, per dischiudere all’ascoltatore un mondo nuovo.
Contrariamente a quanto si può pensare, la genialità di Scarlatti non viene limitata dall’uso di elementi di ispirazione popolare, anzi, da questi il suo inesauribile estro ne viene rafforzato, consentendogli, ancora una volta, di raggiungere il sublime.