“La mia immaginazione non può figurarsi una felicità più bella di continuare a vivere per l’arte.”
Così Clara Schumann descrive la sua vocazione più profonda, quella per la musica.
Forgiata nella tecnica dal padre Friedrich Wieck, Clara diventa sin da giovanissima concertista di fama mondiale: la più grande pianista dell’ottocento ma anche una donna coraggiosa, intellettuale, madre affettuosa di otto figli, innamorata.
Ed è proprio l’amore che permea nella sua musica, l’amore per la vita e l’amore per un uomo, Robert Schumann, compositore e figura di spicco del romanticismo tedesco.
Un amore tormentato ma profondissimo quello tra Clara e Robert che trova il suo triste epilogo quando una malattia sopraggiunge a consumare le capacità intellettive di lui, fino a portarlo lentamente a spegnersi.
E saranno le cinque linee del pentagramma il rifugio di Clara, le note saneranno le ferite del suo cuore e quell’armonica successione di tasti bianchi e neri darà conforto a questa grande donna che donerà alla musica tutta se stessa, che continuerà a lavorare dopo la morte del marito per diffondere la sua musica – troppo avanti per il gusto dell’epoca ma che troverà postuma fortuna.
Il Pianoforte, al centro della scena, sarà il protagonista assoluto suonato dal vivo da Guenda Goria che, in una progressiva rarefazione di tempo e spazio, racconterà sin nel profondo la forza vitale di Clara, donna che ha tradotto in arte la sua intera esistenza in un momento preciso, il pomeriggio prima di un importante concerto che potrebbe cambiare le sorti della sua carriera; un pomeriggio sbagliato in tutto sembra far presagire il primo insuccesso della vita di Clara. L’accordatore che non arriva, il baule smarrito, le lettere che sopraggiungono ad annunciare l’internamento del marito Robert Schumann in ospedale psichiatrico offrono l’affresco di una donna che a trent’anni è già madre di otto figli e leggenda della musica mondiale.